Hai un’app? certo che si!
Allora stai molto attento perché molti siti web potrebbero tracciarti senza che te ne accorga minimamente. Basta utilizzare segnali ultrasonici e due dispositivi dotati di “buone orecchie”
Abbiamo selezionato per te, un interessante studio pubblicato da Fastweb in cui ci mettono tutti in guardia dalle comunicazioni involontarie… senza saperlo possiamo inviare e ricevere moltissimi dati che ci profilano e localizzano attraverso uno sconosciuto “ultrasonic cross-device tracking”.
Riportiamo qui di seguito un estratto di questa interessante indagine…

quando le app ti tradiscono
Comunicazioni invisibili

Cosa è il tracking ultrasonico e come funziona

L’ultrasonic cross-device tracking, tradotto in italiano con un più semplice “tracciamento ultrasonico molti-dispositivo“, non è altro che un sistema di tracciamento della nostra posizione e di altri nostri dati personali tramite ultrasuoni. Cioè suoni che l’orecchio umano non può sentire. Ma il microfono del nostro smartphone o del nostro PC sì, ed è su questo che si basa il meccanismo che mette a rischio la nostra privacy.

Senza che noi ce ne possiamo accorgere, infatti, due dispositivi elettronici possono comunicare tra loro e scambiarsi informazioni tramite ultrasuoni. Tra queste informazioni c’è di tutto, non solo la nostra presenza in un posto. Per fare un esempio: un segnale ultrasonico potrebbe essere emesso da un sito Web, uno spot pubblicitario o una app per smartphone. Anche se noi non lo sentiamo, tale segnale a ultrasuoni potrebbe inviare messaggi a una app installata sul nostro cellulare che, di conseguenza, potrebbe registrare il fatto che noi stiamo visitando quel particolare sito, vedendo quello specifico spot o siamo vicini a qualcuno che possiede quella certa app che ha emesso quel suono.

Dal punto di vista del marketing è ottimo, dal punto di vista della nostra privacy molto meno. Mettiamo il caso che stiamo ascoltando uno spot alla radio. In teoria è impossibile per chi ha pagato per lo spot sapere esattamente chi lo ha ascoltato. In pratica no, perché se lo spot contiene un segnale a ultrasuoni che viene registrato da una delle app installate sul nostro onnipresente smart device, e tale app ha un accordo di condivisione dei nostri dati con chi ha trasmesso lo spot, allora il cerchio si chiude: anche tecnologie vecchissime come la radio possono essere usate per tracciare il nostro comportamento.

Oppure tracciare la nostra posizione senza accedere al GPS o ai dati sulla rete mobile: basta che l’app registri tutti i posti in cui ha captato degli ultrasuoni. Alcuni ricercatori dell’University College London hanno mostrato con un video, già nel gennaio 2017, come sia estremamente semplice usare questa tecnologia per “deanonimizzare” completamente un utente tramite un sito apparentemente innocuo e uno smartphone.

app che comunicano i nostri dati
comunicazioni invisibili

Come difendersi dal tracking a ultrasuoni

Affinché il tracking ultrasonico tra dispositivi funzioni sono necessarie soltanto due cose: un dispositivo che emette gli ultrasuoni e uno che li riceve. Chiaro e semplice. Altrettanto chiaro è il fatto che per ricevere gli ultrasuoni una applicazione deve avere l’accesso al nostro microfono e tenerlo attivo in attesa del segnale. Ecco che, ancora una volta, diventa fondamentale gestire finemente i permessi che concediamo alle app sui nostri dispositivi.

quando le app possono tradire
web, come tutelarsi?

 

Ora che ne sappiamo un po’ di più… cosa ne pensate di fare un controllino alle vostre app? Siete d’accordo?
La Sicurezza è un ambito complesso. Noi vi aiutiamo a restare aggiornati ed informati.

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Ringraziamo Fastweb per queste studio.
Per approfondimenti Fastweb

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